Attestati di affetto dedicati ad Adriano Losi

Il 6 Settembre 2024 Adriano Losi, un'altra pedina importante dell’Associazione don Eugenio Bussa, ci ha lasciato.

Riportiamo qui di seguito le parole di Mattia Losi al funerale.

«Non so se riuscirò ad arrivare fino in fondo a questo discorso, quindi vi chiedo di avere pazienza. E' un momento difficile, sono certo che sopporterete le mie pause. Come prima cosa voglio ringraziare Alberto, Alberto Cozzi. Il dottor Alberto Cozzi. Mi è stato molto vicino in queste ultime settimane, anzi ci è stato molto vicino. A tutti noi. Ma io in particolare l'ho sentito sempre al mio fianco. Ha fatto molto più di quello che qualsiasi medico avrebbe fatto, molto più di quello che qualsiasi amico avrebbe fatto. La seconda cosa la voglio dire a mio fratello, Davide. Arrivati entrambi intorno alla soglia dei sessant'anni, non ho ancora deciso se per me è un fratello più piccolo, oppure un figlio molto grande. Non lasciamo che la morte di papà diventi una scusa per vederci meno, facciamo che sia un motivo per essere ancora più uniti di quanto siamo sempre stati. E adesso viene la parte più difficile. Ma devo andare avanti, perché credo che papà si aspettasse che io dicessi qualcosa e non voglio deluderlo. Mi diceva sempre: “Te taset mai!”. Traduco per chi non conosce il milanese: “Non stai mai zitto!”. Nella mia vita ho sempre avuto due caratteristiche: non sono mai stato zitto e non ho mai pianto. Eppure da qualche giorno sembro una fontana e non so cosa dire. O meglio, non sapevo cosa dire fino a due giorni fa. Poi, sabato pomeriggio, sono passato dall'Oratorio per firmare la petizione per chiedere al Comune di Milano di concedere a don Eugenio l'Ambrogino d'oro. Sotto al portico, di fronte al banco delle firme, c'era una persona che mi dava le spalle: era il Lodo, Lodovico Musi per chi non lo conosce. Si è girato, ha visto che ero io e di colpo, senza dire una parola, mi ha stretto in un abbraccio. Forte, sincero. In quel preciso momento ho capito quello che papà avrebbe voluto che io vi dicessi oggi. Così non vi parlerò di lui. Ognuno di voi ha un suo ricordo personale, sono certo bellissimo, che non voglio rischiare di correggere, di rovinare. Vi parlerò invece di una cosa che papà aveva in abbondanza: la fede. Un tema sul quale, soprattutto in queste circostanze, ci poniamo molte domande. Perché? Perché proprio lui? Perché proprio adesso? Vi parlerò della fede ricordando le parole di un mio grande amico, Piero, morto pochi anni fa. Eravamo entrambi medici, in Sanità militare: la morte di mia mamma ci ha divisi come professione, perché io mi sono dedicato ad altro, ma siamo rimasti legatissimi per tutta la vita.
Piero, convintamente ateo, mi provocava spesso: “Come fai ad avere fede? Sei un uomo di scienza, di numeri. Sei sempre razionale, pianifichi ogni cosa, e poi...”. E ancora: “Come può un Dio buono e misericordioso concepire la malattia, il dolore, la morte? Come può accettare, lo stesso Dio buono e misericordioso, che la sua Chiesa nel corso dei secoli abbia inseguito le ricchezze terrene, il potere, che sia arrivata a torturare, uccidere, scatenare guerre usando il volere di Dio come giustificazione?”. Con papà abbiamo discusso di questi temi infinite volte. Nelle cene in famiglia, ma quando si incontrano due teste dure si arriva spesso allo scontro. Più spesso lo abbiamo fatto a quattr'occhi, soprattutto da quando non usciva più di casa e io passavo a trovarlo. Ne abbiamo discusso non con l'ottusa testardaggine di chi rifiuta il confronto e obbedisce tacendo, ma con la consapevolezza di chi ammette gli errori impegnandosi per arrivare a qualcosa di migliore, di più grande, di più giusto.
Se oggi il mio amico Piero fosse qui gli risponderei mostrandogli questa Chiesa. Guardo tra le panche e vedo che la maggior parte di noi è cresciuta in questo Oratorio, ha pregato davanti a questo altare. Qui siamo diventati adulti, madri e padri, uomini e donne. Nonni. Tutti noi, ex allievi, non siamo un gruppo di nostalgici più o meno attempati. Forse abbiamo solo sbagliato il nome con cui chiamarci. Perché non siamo ex: siamo e saremo sempre i membri di una famiglia dove i più grandi si sono presi cura dei più piccoli, in un ciclo continuo che è durato fino a quando ce l'hanno permesso. Un ciclo che vive ancora oggi negli abbracci che ci scambiamo rivedendoci e nell'affetto, profondo e sorprendente, che ci lega uno all'altro. La fede, direi al mio amico Piero, è il motore di tutto questo. A chi ce l'ha, raccomando di conservarla come un bene prezioso, di coltivarla, di non lasciarla spegnere. A chi non ce l'ha, auguro di trovarla: non è difficile, basta cercare dentro di sé, in mezzo a quanto di buono facciamo spontaneamente. Non per apparire, ma perché sentiamo che è giusto farlo. Avevo detto che non avrei parlato di papà, e invece ho finito per dire di lui molto più di quanto avrei potuto fare ripercorrendo la sua lunghissima vita. Ecco, la fede in fondo è questo: salutare papà con la certezza, non la speranza, la certezza! che continueremo a camminare insieme sulla stessa strada. Solo, un po' più lontani. O forse più vicini di quanto non siamo mai stati. Ciao scior Losi, e me racomandi! Fà el brao...»

Mattia 

Il mio ricordo di Adriano è impegno grato e al contempo arduo. Doveroso vista l’impossibilità a presenziare al funerale, ma decisamente imbarazzante per la citazione fin troppo elogiativa che Mattia mi ha riservato nel suo saluto al papà. Certo la vicinanza è stata intensa nel periodo estivo quando la sua salute stava ormai cedendo, ma altrettanta è stata da anni la fiducia di Adriano e della famiglia verso le mie cure. Un affidamento professionale e insieme sempre amicale e misurato. Un privilegio averlo seguito nell’assistenza medica, sempre lucidissimo e desideroso di autonomia fino alla caparbietà. Appunto l’amicizia, le qualità speciali di Adriano e le vicende di vita spiegano profondità e autenticità della nostra relazione. Ricordare Adriano infatti significa per me, ma credo anche per molti, ripercorrere la propria storia, fin dalla tenera età, intrecciandosi con il grande mondo dell’OPSA. Chi lo ha frequentato non ha potuto non imbattersi nella figura di un Cooperatore così fedele ed operoso nelle multiformi attività del Patronato. Ed io, ultimo e più giovane Cooperatore che don Eugenio volle scegliere, ne sento ancor oggi privilegio e imbarazzo per tale incarico. Incontrare Adriano, da medico e da amico, teneva dunque viva quella singolarità che il nostro Oratorio ha rappresentato per decenni, richiamandone i valori incarnati in tanti di noi, e in special modo vedere ancora attraverso di lui in filigrana quel prete speciale e maestro di vita che don Eugenio è stato per tanti giovani (non a caso si parla di ex-allievi). Pareva addirittura di vedere in Adriano quello stesso carattere minuzioso, sistematico, operoso e organizzativo che aveva contraddistinto in vita il nostro sacerdote ambrosiano. E, mi si permetta la banalità del ricordo che a suo modo ne è il paradigma, ho negli occhi il frontespizio di una cartellina che don Eugenio usava per le incombenze al Gavia con le parole vergate in ampollosa bella calligrafia “Prevedere, prenotare, provvedere”. Il colloquio con Adriano era infatti sempre fonte di richiami significativi del Patronato, di volti ed eventi, senza mai rimpianti nostalgici e con tanto di documentazione precisa e ordinata: l’organo, le composizioni sacre dell’autodidatta don Eugenio, il coro, l’archivio e i Bollettini, le fotografie, le gite del mese di maggio, padre Eugenio. Potrei continuare, ma su tutto sovrastava il Gavia. Nella sua camera dove ha vissuto fino all’ultima ora il ricordo era eloquente nelle foto alle pareti e nel crocifisso del Lago Bianco sul suo comodino e il solo parlarne gli faceva brillare gli occhi ancora a 95 anni, con l’unico rammarico di non potere più salire. Un’esperienza così singolare e profonda che ha segnato anche la mia vita, così come testimoniato da foto storiche (quelle famose numerate sul retro!) che ancora di recente Adriano ha voluto consegnarmi. Il Gavia dunque, ma anche l’amicizia e il sostegno concreto a padre Eugenio che grazie a lui ho appreso, l’affetto esteso alla mia famiglia vecchia e nuova (ricordo pranzi della vigilia natalizia in casa sua), la statura morale e civile (il suo impegno e testimonianza tra i Maestri del lavoro) e il costante rimando al quel binomio tipicamente ambrosiano tra fede ed opere che don Eugenio ci ha trasmesso. Tutto questo e ben altro ancora segnano dunque presenza e stile di vita di Adriano. Autorevole, ferma e bonaria, autentica e fedele nel tempo. Un’eredità impegnativa che da Adriano ora debbo/dobbiamo raccogliere rivitalizzando e attualizzando quel compito educativo che il Patronato e don Eugenio ci hanno trasmesso e consegnato: una spiritualità nascosta fra le opere, la fine psicologia dell’approccio alla gioventù, la responsabilità civile di buoni cristiani, nella Chiesa e nella società. Non pare dunque azzardato accostare alla figura di Adriano le stesse parole che il Card. Martini disse a proposito di don Eugenio: “quando uomini così grandi ci passano accanto non possiamo più vivere come se ciò non fosse accaduto: essi sono un dono e un richiamo all’imitazione e al dono di noi stessi per il bene dei fratelli”.

Aff.mo Alberto Cozzi

Carissimo Adriano, sono assai addolorato di non poter partecipare alle esequie, lunedì 9 settembre.essendo assente da Milano, a motivo di un'assistenza tecnica. Però ciò non mi impedisce, anzi rafforza il ricordo quando circostanze fortuite ci hanno fatto incontrare. Tu, allora, eri un giovane e capace tecnico che collaboravi con il sig. PARIZZI, nella sua azienda, fornitrice alle FERROVIE dello STATO di alcune parti meccaniche. Prima in via Ugo Bassi poi a Bresso. E poi come non menzionare tutto ciò che hai fatto per don Eugenio e l'OPSA: il libro memoriale sul ns PRETE dell'isola; l'iniziativa di dedicargli una via, coronata poi dal successo: il sovrapasso della stazione GARIBALDI e tanto altro. Mi mancherai molto, che il viaggio ti sia piano e leggero.

L'amico di sempre Dario

Mi mancherai molto, che il viaggio ti sia piano e leggero. L'amico di sempre

Dario


Addolorato per la scomparsa di Losi che ho conosciuto a Marina. Lo ricorderò al Signore.

Don Carlo Regiroli

Partecipo a questo ulteriore lutto dell’Associazione con viva commozione, sempre ricordando grato il sostegno pluridecennale del Patriarca LOSI. Domani sera nella mia Parrocchia alle ore 18 un vivo ricordo orante per Adriano.

Don Luciano Spinelli

Partecipo a questo ulteriore lutto dell’Associazione con viva commozione, sempre ricordando grato il sostegno pluridecennale del Patriarca LOSI. Domani sera nella mia Parrocchia alle ore 18 un vivo ricordo orante per Adriano.

Don Luciano Spinelli


Mi dispiace, lo avevo conosciuto, una grande persona... Un abbraccio a Mattia, Davide

Marco Pelizzoni

Desidero manifestare il mio profondo apprezzamento per il sostanziale contributo culturale che il Sig. Losi ha fornito per la creazione del nuovo sito dell’Associazione, un contributo decisivo che, grazie alla sua razionalità, alla febbrile ricerca delle fonti da storico professionista e all'impeccabile classificazione delle notizie, attraverso i suoi scritti, ha reso semplice l’organizzazione dei contenuti del nuovo sito. Ho avuto il piacere di incontrare le due anime diverse ma complementari della memoria a don Eugenio, il Sig. Forno, l’anima istintiva e avvincente e il Sig. Losi l’anima razionale e sistematica. Il loro aiuto è stato prezioso e per questo sono loro sinceramente grata.

Lorenza Cozzoni


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