Martedì 5 Ottobre 2004
La commemorazione degli alpini precipitati nella scarpata cinquant’anni fa.
Sono le dieci del mattino del 20 luglio del 1954: lungo la strada sterrata che da Santa Caterina Valfurva porta a Ponte di Legno, nei pressi del passo del Gavia, sta passando una colonna di camion del battaglione alpino “Bolzano”. L’automezzo arranca, procede piano. In una strettoia un muro di sostegno cede sotto il peso, il ciglio della strada frana, uno degli autocarri con a bordo 22 militari al comando del tenente Giorgio Francia precipita nella scarpata profonda 150 metri. Diciotto alpini restano uccisi.
A cinquant’anni da questa tragedia che suscitò una profonda pietà, queste vittime sono state commemorate nello stesso luogo del loro ultimo viaggio, dove una croce ricorda la loro assurda morte.
Una colonna di alpini della sezione Vallecamonica, in particolare dei gruppi di Ponte di Legno, Pezzo e Precasaglio, e tanti alpini e familiari delle vittime, il sindaco di Ponte di Legno Mario Bezzi, l’assessore della Provincia di Brescia Sala, il presidente del Parco dello Stelvio Ferruccio Tomasi e sessanta alpini del gruppo di Bovolone con il sindaco che rappresentava i suoi colleghi dei paesi di origine delle vittime sono saliti in località “Rocce nere”, dove avvenne la tragedia per scoprire una lapide con i nomi dei diciotto alpini mentre un picchetto armato del 2° reggimento Genio di Trento rendeva gli onori. C’erano i vessilli delle sezione Valcamonica, Trento, Brescia, Bergamo, Bolzano e Salò e un centinaio di gagliardetti di gruppi della Lombardia e del Veneto.
Corone sono state deposte dalla sezione Valcamonica, dal Comando Truppe alpine rappresentato da ufficiali del 6º reggimento di Brunico e dal Comune di Ponte di Legno. Poi è stata celebrata una Messa di suffragio dall’ordinario militare emerito monsignor Gaetano Bonicelli con don Giampaolo Manenti capo dei cappellani del Comando Truppe alpine, il cappellano della sezione camuna don Antonio Leoncelli, don Gianfranco Masiero cappellano del 18° battaglione reclute Edolo, don Martino Sandrini, parroco di Temù e il parroco di Bagnatica. La quiete che ispirava quel paesaggio di montagne rendeva ancora più struggente il ricordo di quelle vite spezzate, i cui nomi sono stati scanditi da Ferruccio Minelli, vice presidente della sezione Valcamonica, mentre in un crescendo di commozione centinaia di voci rispondevano “presente!”.
“Finché in Valcamonica ci sarà un alpino – ha detto Gianni De Giuli, che fu presidente della sezione per tanti anni – i nostri giovani Caduti potranno contare su una preghiera”. Gli ha fatto eco il presidente del Parco, Tomasi, che ha annunciato la costruzione di una cappella accanto ai cippo con i nomi dei 18 alpini. C’erano anche tre superstiti di quel terribilile volo: il tenente Francia che vide i suoi uomini morire, l’alpino Italo Delaidi e l’autista del camion Fermo Dei Cas. C’erano anche il capitano che con il veterinario e il comandante di battaglione precedeva il camion su una jeep. La tragedia suscitò una grande impressione in tutta Italia, percorsa da un senso di sgomento e di pietà: sentimenti che sono ancora forti, come allora. Finché ci saranno gli alpini.