Nel 1897 viene fondato in Milano il "Patronato Sant'Antonio per la protezione dei giovani operai" allo scopo di accogliere in un pensionato i molti adolescenti che, soli in città per ragioni di lavoro e senza l'assistenza della famiglia, sono spesso preda di persone senza scrupoli che colgono ogni occasione per sfruttare, sotto ogni aspetto, la loro inesperienza.
Parallelamente al pensionato, il Patronato Sant'Antonio dovrebbe gestire anche un’attività oratoriana.
Ma entrambe le buoni intenzioni restano tali per qualche anno.
Solamente nel 1901, nei giorni di domenica e festivi, in un locale di via Lario 11, precedentemente adibito a stalla, il Rag. Teodoro Persico, con la collaborazione dei confratelli della Conferenza di S.Vincenzo e I'assistenza spirituale dei religiosi della Congregazione Fratelli di Nostra Signora della Misericordia, inizia una graduale attività oratoriana, che troverà piena attuazione a partire dal 1903. Viene così decisa la costruzione di un edificio adeguato allo scopo (parte del quale riservata al pensionato dei giovani) con annessa chiesa, cortili e spazi attrezzati per la ricreazione, nel giugno 1906 l'Arcivescovo Andrea Card. Ferrari benedice e posa la prima pietra, in via Lario, dell'erigendo Patronato, ma purtroppo per mancanza di mezzi la costruzione non può essere avviata e la sola attività oratoriana continua, fino al 1909, nella stessa sede rimasta immutata.
Nel frattempo in via Borsieri viene messa in vendita una proprietà che comprende:
- un fabbricato a quattro piani, oltre il sotterraneo, ad uso esercizi diversi e abitazione civile, con ingresso in via Borsieri 16, e con cortili interni;
- un corpo di fabbricato interno con sotterraneo ad uso magazzino e cinque locali al piano superiore ad uso abitazione;
- un piccolo fabbricato ad uso stalla, rimessa e portico a pianterreno; fienile e due locali di abitazione al piano superiore;
- un corpo di fabbricato ad uso teatro (Teatro Internazionale) con locali di servizio annessi.
La Commissione Amministratrice del Patronato con un acconto di 80.000 Lire e un debito di 120.000 Lire, pagabile anche a rate nell'arco di tre anni, acquista la proprietà di via Borsieri e nel 1909 il Patronato Sant'Antonio mette le radici nel cuore del popolare rione "Isola Garibaldi”.
Nell'Oratorio le molteplici iniziative promosse e attività svolte, alle quali provvedono i laici "Cooperatori", attirano centinaia di ragazzi e giovani ai quali sono anche assicurate l'istruzione religiosa e la guida spirituale di Don Giovanni Allegranza (religioso Pavoniano) attivo e impegnato educatore dei giovani.
Ma scopo del Patronato è soprattutto quello di accogliere ed assistere i giovani operai in un pensionato; e a questa finalità il Rag. Teodoro Persico si adopera, con impegno esemplare, non lasciando nulla di intentato.
E finalmente, pur nel travaglio della prima guerra mondiale, il 13 giugno 1916 viene inaugurato il primo pensionato con cinquanta posti letto!
Nel luglio 1924 a don Allegranza, richiamato dalla sua Congregazione, succede alla direzione del Patronato don Francesco Roveda, appartenente al clero diocesano, il quale però non potrà collaborare con il Rag. Persico perché morto al Sacro Monte di Varese il 3 Agosto 1924.
Don Francesco, seguendo il solco tracciato dal Rag. Persico ne continua comunque l’opera portando a realizzazione importanti opere.
Nel novembre 1925 vengono benedetti dall'Arcivescovo di Milano Card. Tosi un nuovo dormitorio con cinquanta letti e la nuova chiesa (non fu mai consacrata) ricavata nelle strutture dell'ex "Teatro Internazionale”.
Nel giugno 1929 viene inaugurata la casa dei sacerdoti, in via Borsieri 18, che accoglierà anche don Eugenio, nominato nove mesi prima vicedirettore del Patronato.
Dal 28 ottobre 1928, con la nomina a vice direttore del Patronato Sant'Antonio, don Eugenio Bussa si affianca a don Francesco Roveda come assistente dell'Oratorio.
Collabora attivamente al progetto di ristrutturazione del Patronato che, nel 1932 vede come prima tappa l'acquisizione del terreno in via Sebenico sul quale sarà costruita la nuova chiesa del Patronato, dedicata al Sacro Volto per espressa volontà dell'Arcivescovo Card. Schuster.
Il 1 novembre 1934 viene posata la prima pietra della nuova chiesa (don Eugenio non firma la pergamena in essa contenuta per non accomunare il suo nome a quello di " ... Benito Mussolini Duce e Capo del Governo" ... ) che, costruita in diciannove mesi, su progetto dell'Arch. Ottavio Cabiati, viene consacrata il 14 giugno 1936.
Trasferito ad altro importante incarico don Roveda, nel novembre 1937 don Eugenio è nominato direttore del Patronato e in tale veste porta a compimento le nuove opere con una volontà e uno spirito che ben risaltano dal suo scritto, qui di seguito riportato, pubblicato su "Salviamo la Gioventù" del Gennaio 1938.
"Anno 1938: intenso lavoro e grandi speranze.
Quando nel cuore tumultano troppi affetti è necessario uno sfogo: comprimerli a lungo è impossibile, si finirebbe per stare male.
E' vero che tale necessità ci porta prima di tutto ai piedi dell'altare, perché solamente il Signore può dare il balsamo che cerchiamo; ma non è men vero che talvolta occorre che ci apriamo anche cogli uomini: occorre trovare chi condivide le pene, i dolori, le fatiche, le ansie, le gioie che mai proviamo.
Ci perdonino perciò i buoni Benefattori, se ci prendiamo tale libertà con loro, e facciamo parte ad essi cli quanto all'inizio di questo anno sentiamo di dover dire… le mete del 1938, sono molte! Non importa, anzi ci facciamo maggiormente animo!
La prima meta: l'inaugurazione del nuovo salone è prossima.
La seconda sarà presto iniziata: la sistemazione definitiva del pensionato nei suoi servizi e coll'aumento di più di venti letti.
La terza è molto lontana: l'ammortamento dei debiti della nuova chiesa del Sacro Volto.
Pretendere di raggiungere una tale meta entro il 1938, se non è ''follia sperare" certo sarebbe troppo, ciò però non ci dispensa dal dovere tenere ben fisso il nostro sguardo a tale meta lontana, anche se gli sforzi presenti volgono verso le prime due.
Non si giunge alla vetta, se prima non si è avuta la tenacia ed il sacrificio di percorrere il cammino più basso, più uggioso e forse più esasperante....
… ma quando il Signore domanda un nuovo sforzo dà pure un nuovo aiuto, e così senza avvedersene si fa quanto dapprima poteva sembrare impossibile.
Il 1938 segnerà perciò una data, importante nello sviluppo del Patronato: confidiamo che la benedizione del Signore e il patrocinio del nostro Santo Patrono Sant'Antonio ci accompagnino fino al raggiungimento di tutte le mete!”.
Il 24 Aprile 1938, con la rappresentazione della rivista-fiaba "Il diamante fantasma" (3 atti / 8 scene - 90 interpreti - 30 pezzi musicali - 15 elementi in orchestra) viene inaugurato il nuovo salone cinema-teatro con oltre cinquecento posti, nella sede dell'ex chiesa ristrutturata su progetto dell'Arch. O. Cabiati, che si rivela, specialmente per le attrezzature dell'ampio palcoscenico, alla pari se non per qualche particolare anche migliore di alcuni teatri di Milano.
Il 7 Dicembre del 1938, per la festa di Sant'Ambrogio, vengono inaugurate le nuove opere:
- Pensionato: completamente ristrutturato con nuovi servizi, ampia e moderna cucina, impianto di riscaldamento, sale di studio, sala radio e con l'aggiunta di venti posti letto;
- nuove aule di catechismo;
- nuova residenza per le suore, che con il loro lavoro umile e nascosto compiono l’ufficio di buone mamme per tanti giovani;
- i ritrovi per minori e maggiori con relative attrezzature di svago e divertimento.
Sul palco del nuovo salone don Eugenio presenta e illustra il lavoro compiuto al Card. Schuster che compiaciuto benedice le nuove opere visitandole poi minuziosamente.
In trentacinque anni il Patronato è passato da una ex stalla ad un complesso dignitoso e confortevole che accoglie oltre centocinquanta giovani nel pensionato e poco più di quattrocento bambini e giovani nell'Oratorio, e don Eugenio nel decimo anno di sacerdozio vede coronato il suo ministero da risultati concreti e stimolanti a ben continuare.
La determinazione con la quale don Eugenio si impegna a edificare il Patronato e i risultati del suo instancabile lavoro gli guadagnano la stima e la fiducia dei Benefattori che nella sua attività riscontrano un costruttivo apostolato per il bene di tanti giovani.
Pagati i debiti, all'inizio del 1941, sebbene da pochi mesi sia iniziata la guerra, assecondando il desiderio e le pressanti raccomandazioni del Card. Schuster al Patronato inizia un tempo di lavoro, di studio e di ricerca finalizzato a realizzare l'apertura di un nuovo pensionato.
Quasi centoventi giovani del Patronato partono per il fronte, e diciassette tra loro non torneranno perché caduti in battaglia o in campi di concentramento.
Di tutti i militari don Eugenio custodisce, in una particolare raccolta di telaietti da lui costruiti, la fotografia con i dati anagrafici e gli indirizzi di "Posta Militare". Ad ognuno, per tutto il periodo bellico, invia regolarmente una lettera circolare con le informazioni sul Patronato e degli altri amici sotto le armi, ricevendo lettere di risposta che sempre testimoniano i valori della formazione cristiana ricevuta all'Oratorio o al pensionato.
Oltre che con i giovani sotto le armi, don Eugenio mantiene i contatti con le loro famiglie, portando un paterno conforto e restando particolarmente vicino a quelle dei suoi ragazzi caduti o dati per dispersi.
Milano paga un prezzo altissimo e anche nel rione Isola Garibaldi molte famiglie, in cerca di sicurezza o perché hanno la casa distrutta, sfollano dalla città.
La famiglia del Patronato è profondamente lacerata e tuttavia don Eugenio non si arrende agli eventi: nel febbraio 1943, a Serina, apre una casa di sfollamento per i bambini delle famiglie del rione alle quali risulta impossibile allontanarsi dalla città. In breve tempo molti altri bambini del rione sfollano a Serina e nella casa si arriva a registrare la presenza di 140 ospiti. Don Eugenio per assicurare un vitto abbondante ai suoi ragazzi fa spesso la spola tra Milano e Serina arrivando anche a reperire sul mercato nero i generi alimentari necessari.
Inoltre nella colonia, sotto falso nome e nel più assoluto anonimato ( neppure il signor Vismara, direttore della colonia, ne era informato)don Eugenio “sfolla”alcuni bambini ebrei che gli sono stati affidati dalle rispettive famiglie, perché li protegga e li preservi dalle persecuzioni razziali in atto a quei tempi.A quei bambini non fu mai né imposta né proposte la religione cattolica.
A Milano, per i ragazzi rimasti e per i giovani del pensionato, continuano le attività di sempre.
Nell'agosto del 1943 i bombardamenti sconvolgono Milano e anche il Patronato è fortemente colpito.
Il bombardamento del giorno 8 causa danni limitati: porte divelte e vetri della chiesa in frantumi; uno spezzone incendiario caduto sulle panchine della galleria, nel salone - teatro, causa un incendio che, bruciate poche panchine, miracolosamente si autoestingue.
Il bombardamento del giorno 13 segna invece duramente il Patronato.
Colpiti con spezzoni incendiari i solai delle case di via Borsieri 16 e 18, la chiesa e l’abitazione delle Suore, gli incendi appiccati sono subito soffocati dai giovani del Pensionato.
Gravi potrebbero invece risultare i danni degli incendi che si sono sviluppati nel salone-teatro: sul palcoscenico, in platea e sulla "rocchettiera"; con il loro coraggioso intervento, i giovani riescono a soffocare le fiamme evitando la distruzione dell’intero fabbricato.
Sorte diversa subisce il pensionato, colpito da diversi spezzoni si sviluppa un incendio che divorando tutto
il tetto lo sprofonda fino al piano terra trasformando il fabbricato in un enorme braciere. Ciò che solamente cinque anni prima è stato inaugurato a coronamento di trentacinque anni di impegno e sacrifici, in poche ore è completamente distrutto!
Con l’Armistizio del 8 Settembre ’43 le forze armate tedesche si trasformano in forze di occupazione, iniziando gli arresti e le deportazioni di numerosi ex-militari e civili. Nel Nord Italia dai fascisti viene istituita la repubblica Sociale Italiana che si affianca alle forze tedesche.
Numerosi sono i giovani che non intendono sottostare al nuovo regime dittatoriale e, chiamati alle armi, rifiutano l'arruolamento; tra questi molti sono i ragazzi del Patronato che don Eugenio protegge nascondendoli nei posti più impensati, nel corso dei rastrellamenti effettuati dalle "Brigate Nere" e “Brigata Muti", e fornendo loro documenti che, esonerandoli dall'arruolamento con falsi condizioni o di identità, li esclude dalla pericolosa condizione di renitenza.
Ma don Eugenio protegge anche chi (indipendentemente dalla personale ideologia) è perseguitato perché ebreo o politicamente contrario alla dittatura nazifascista.
In casa sua trovano perciò aiuto e temporaneo rifugio diverse persone: tra queste, per una cena e una notte, anche Ferruccio Parri, capo del C.L.N. (Comitato di Liberazione Nazionale) e primo Presidente del Consiglio italiano del dopoguerra.
Qualcosa però non funziona e, per una casuale combinazione, 1'8 novembre 1944 don Eugenio viene brutalmente prelevato dal cortile dell'Oratorio, dove si trova con i ragazzi dai brigatisti della "Muti" (formazione, di fascisti italiani, similare all'organizzazione criminale delle S.S. tedesche).
Portato al loro comando don Eugenio viene sottoposto a un incalzante interrogatorio e per lui si profila la deportazione nei "Lager" tedeschi.
Contro l'arresto di don Eugenio la gente dell'Isola scende a protestare per la strada.
Dell'arresto di don Eugenio viene subito informato l'Arcivescovo Card. Schuster che interviene personalmente presso le autorità ottenendo, dopo circa tre giorni di detenzione e interrogatori, la sua liberazione.
E al suo ritorno al Patronato don Eugenio, accolto da manifestazioni di grande affetto da parte dei suoi ragazzi e di solidarietà da parte della gente dell'Isola, per nulla intimorito per quanto ha subito, continua con lo stesso spirito la sua attività di protezione.
25 aprile 1945: con l'insurrezione partigiana e la successiva immediata occupazione militare alleata la lunga guerra è finalmente terminata!
La gente dopo anni di privazioni, fame, violenze, distruzioni e lutti è avvilita e depressa e il ritorno alla normalità, che presenta notevoli difficoltà, si sviluppa lentamente.
Anche il Patronato sente intensamente il dolore delle ferite subite.
Di fronte al generale sconforto don Eugenio reagisce, forte come sempre, con le sue capacità ed energie e a costo di qualsiasi sacrificio, ancor prima di riedificare quanto distrutto dai bombardamenti, si impegna con priorità alla ricostruzione della grande famiglia del Patronato nei valori dello spirito e nel sentimento dell'amore.
Già nel gennaio 1946, con l'articolo "Cosa bolle in pentola", don Eugenio invita tutti a impegnarsi nell'opera di ricostruzione.
Ma sono soprattutto l'esempio e l’operosità di don Eugenio che suscitano un entusiasmo che coinvolge e, pur con mezzi pressoché inesistenti, al Patronato si riprendono numerose attività.
Singoli e gruppi, giovani e adulti lavorano instancabilmente: rinascono le attività sportive, la filodrammatica, la schola cantorum, i ritrovi per i maggiori e per minori, si organizzano conferenze e diverse attività di gruppo.
Riprende la tradizione del mese Mariano e si riformano i gruppi degli Accoliti, dei Paggetti e dell'Associazione Missionaria.
Nel cuore di don Eugenio è però aperta una dolorosa ferita: ben diciassette dei suoi cari giovani hanno avuto la vita stroncata dalla guerra e ora riposano in cimiteri sparsi in Italia, Albania, Egitto, Somalia, Polonia, U.R.S.S. e anche in mare.
A loro ricordo fa fondere una nuova campana per l'Oratorio sulla quale sono riportati i nomi dei caduti e la dedica "il Patronato Sant'Antonio ha fuso nel bronzo il nome dei suoi giovani scomparsi, nella luttuosa guerra 1940-1945".
Il 15 Giugno 1947, in occasione della festa Patronale, la nuova campana viene benedetta e consacrata alla memoria dei giovani caduti dei Patronato.
Nel Giugno 1948 si dà inizio alla riedificazione del Pensionato che, rispetto all’anteguerra, sopraelevato di un piano e con maggiori comfort potrà nuovamente ospitare numerosi giovani lavoratori e studenti.
Il 30 Ottobre 1949 il nuovo Pensionato viene benedetto e inaugurato da S.Em. il Card. Schuster.
Dal 1946 al 1953 don Eugenio sarà l'artefice di molteplici iniziative e di significative e importanti opere, destinate all'assistenza e all'educazione cristiana dei ragazzi che a centinaia frequentano l'Oratorio.
Nel maggio 1961 l'Arcivescovo successore del Card. Schuster, il Card. Montini, viene subito informato che al Patronato è stato richiesto di allargare il campo del suo apostolato.
La nuova attività è così annunciata da don Eugenio sulle pagine del periodico “Salviamo la Gioventù" del Dicembre 1961:
Una sera dei primi di maggio arriva al Patronato, da Comerio, una telefonata del Comm. Borghi, titolare della IGNIS, con la quale chiede un incontro urgente con il direttore del Patronato.
Il giorno successivo, nel corso del colloquio con il Comm. Borghi, a don Eugenio viene formulata la seguente richiesta:
"Reverendo, abbiamo bisogno del Patronato.
Un gruppo di nostri giovani operai ha bisogno di assistenza.
Altri gruppi sono in arrivo; la presenza di un forte numero di giovani costituisce per me una grave responsabilità!
Desidererei che il Patronato, che ha già lunga esperienza in materia. mi aiutasse".
Pochi giorni dopo S. Em. l'Arcivescovo Card. Montini, informato dettagliatamente, approva, benedice e incoraggia l'iniziativa.
Il 18 luglio 1961 il vice direttore del Patronato don Renzo Cavallini parte alla volta di Gavirate per assistere il primo gruppo di centocinquanta giovani operai, in età dai quindici ai ventidue anni, che formano il nuovo pensionato sistemato in una costruzione rapidamente adattata in attesa di passare, dopo la necessaria fase di sperimentazione e studio, alla costituzione di un moderno pensionato per parecchie centinaia di giovani.
E su "Salviamo la Gioventù", dopo qualche mese di attività, don Eugenio scrive:
"Questa è la breve storia del nuovo pensionato che, nella sua semplicità, nasconde la nuova e gravissima responsabilità, che il Patronato si è assunto difronte ad una importante industria e difronte all’Eminentissimo Arcivescovo.
Non che tutto sia così facile come la cronaca breve potrebbe far supporre.
Ogni inizio presenta problemi e difficoltà che solo il collaudo del tempo può risolvere e superare.
In modo particolare vaI giustamente sottolineata una difficoltà che è al di fuori di ogni retta intenzione, di ogni generosità di mezzi e di ogni forzo di buona volontà: la mancanza di braccia.
Sua Eminenza l’Arcivescovo non può disporre di sacerdoti e pertanto, per far fronte alle nuove necessità. ed all'incarico ricevuto, il Patronato deve contare solamente sulle sue forze, cosicché il dislocamento del vicedirettore nel secondo pensionato crea una carenza nella sede del primo, che si risolve inevitabilmente in un aggravio di lavoro facilmente intuibile!
Il problema dell'assistenza alla massa dei giovani che da ogni parte d'Italia (Sardegna, Sicilia, Trentino Alto Adige, ecc.) si trasferiscono nelle regioni industrializzate per ragioni di lavoro, è un problema gravissimo: giungono a migliaia!
Nelle regioni depresse, in attesa che si formino nuove fonti di lavoro, una massa imponente di giovani attende di trovare un'occupazione.
In alcune zone del nord invece l'offerta di lavoro è talmente cresciuta da creare ormai, sembra incredibile, una seria preoccupazione per lo sviluppo delle industrie stesse se non si trovano nuove leve, nuove braccia; per cui questa immigrazione è diventata una necessità e la sua sistemazione un grave problema.
Basterebbe dare una fugace occhiata alle numerose lettere che don Renzo riceve da ogni più remota regione d'Italia!
Sono lettere di genitori che vivono in ansia, per i loro figli, mandati qua per necessità di vita, che seguono con trepidazione per timore che la mancanza di assistenza conduca a qualche tragedia morale!
Giustissime pertanto le preoccupazioni del Comm. Borghi; impossibile un rifiuto all’appello di collaborazione! e gravissime le responsabilità assunte dal Patronato!
E' evidente pertanto che l'assillo di una responsabilità sempre maggiore tormenti i Superiori.
Le esigenze dell'apostolato aumentano e il danaro è impotente dinanzi alle esigenze morali!
Le istituzioni sono sottoposte ad uno sforzo che mette a dura prova le loro strutture e le forze disponibili.
Il progresso della tecnica crea problemi morali; in parole povere 1’uomo non può progredire nell’acquisto di un livello maggiore di benessere se non è accompagnato da un progresso morale proporzionalmente adeguato.
Ed ecco che la società moderna scopre le sue deficienze e impone ai suoi operatori il problema morale di ogni sua conquista.
Per questo l'atto coraggioso che il Comm. Borghi e la direzione del Patronato hanno compiuto, vuole essere un atto di fiducia nell'efficacia di quei principi che collaudati dalla preziosa esperienza di tanti anni di lavoro, assicureranno certamente un successo ai loro sforzi.
Contiamo per l'avvenire di portare a conoscenza dei nostri Benefattori gli ulteriori sviluppi del nostro sforzo e della nostra iniziativa.
Ciò che soprattutto sta a cuore ai Superiori del Patronato è il bene di tanti giovani!
E i mesi già trascorsi (i più duri!) lo hanno dimostrato nel modo più sincero e più pieno.
Il Signore benedica e fecondi i nostri sforzi!".
Costruite le nuove strutture del convitto, per riconoscenza all'Arcivescovo G. B. Montini nel frattempo salito al Soglio Pontificio, viene intitolato a PAOLO VI.
Assunta la responsabilità di avviare e condurre il nuovo convitto, che arriva ad ospitare ben seicentoventi giovani lavoratori provenienti da diverse regioni d'Italia, don Eugenio lascia sul posto don Renzo e per circa dodici anni resta solo a sopportare ogni peso e responsabilità che la conduzione del Patronato comporta.